Parliamo di morte per parlare di vita. Forse addirittura di senso della vita. Perché solo grazie alla consapevolezza del limite è possibile dare un senso alle nostre giornate e viverle veramente e intensamente, in ogni singolo istante, in coscienza e libertà.
Non sarà un festival cupo o pessimista. Anzi. Sarà un'occasione per riflettere sulle ragioni che rendono la vita degna di essere vissuta, aiutati da chi (per professione, vocazione, talento) dedica la propria esistenza a questi temi.
Avremo l'opportunità di ragionare su alcune questioni (bio)etiche che rimangono insolute, trasformate in questi anni in motivo di polemica politica e ideologica.
Ma proveremo anche a ridere della morte, a sdrammatizzarla, a prenderla (prenderci) in giro.
"Chi ha paura della morte" è una domanda retorica, infatti è senza punto di domanda: tutti ne abbiamo paura, anzi, questa paura è forse una di quelle cose che unisce gli esseri umani a prescindere dalla cultura, la provenienza, la fede o la mancanza di fede. Ma "Chi ha paura del morte" è anche l'affermazione orgogliosa, e se vogliamo coraggiosa, di chi non ha paura di parlarne, di guardarla negli occhi, di ragionare sulla vita nell'orizzonte di quell'approdo inevitabile.
La guarderemo attraverso le parole di filosofi, teologi e scrittori, i suoni e le melodie dei musicisti, i movimenti di un corpo che danza, le immagini di vecchi e nuovi film, le suggestioni del miglior teatro.
Questo festival sarà anche e soprattutto l'occasione di incontrare uomini e donne di grande cultura e profondità, di vedere spettacoli di qualità, di ascoltare buona musica e rivedere capolavori del cinema. Tutte cose che fanno parte del piacere della vita. Anche quando si parla di morte.
Fabrizio Tassi